Aggiornamento parrocchiale
Parrocchia San Martino Vescovo
24 dicembre 2014
Sant’Antonio Abate
17 gennaio 2015
Cari amici,
la festa di Sant’Antonio Abate è ormai arrivata. Dobbiamo riportare al cuore la bellezza di questa festa, con la novità di vita e di entusiasmo di questo Anno 2015.
La nostra festa si perde nella notte dei tempi. Era espressione del nostro mondo agricolo. Con il suono prodotto con gli attrezzi agricoli dei contadini bisognava risvegliare la terra per il nuovo raccolto. Il fuoco era un pericolo perché poteva facilmente divorare tutto: stalle di legno, attrezzi, raccolto. Gli animali erano un bene primario sia per il lavoro, come il cavallo, il bue, sia per il cibo, come le galline, i conigli, i maiali, le anatre. La perdita di questi animali per malattie rappresentava un serio problema.
La Chiesa ha evangelizzato questa antichissima tradizione, dandole un senso più pieno, sviluppando quella verità nascosta nei sentimenti con cui veniva celebrata nel nostro paese: abbiamo la paternità di questa tradizione illuminata dalla vita di un santo: Sant’Antonio Abate!
Antonio era giovanissimo quando ha deciso di seguire Gesù, vendendo tutto per i poveri: aveva 18 anni, ero uno di voi!
Una domenica in chiesa, sentì leggere gli Atti degli Apostoli, dove si narra che i primi cristiani vendevano tutto quello che avevano e lo portavano agli apostoli. Ne rimase profondamente impressionato. La domenica seguente si leggeva il passo del vangelo dove Gesù dice: “Se vuoi essere perfetto va, vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi” (Atanasio di Alessandria, “Sant’Antonio Abate. La sua vita”, Sources Chrétiennes, Edizioni Studio Domenicano (12), Bologna 2013, pp. 153-155).
Pasquale, un bambino della nostra parrocchia, dopo aver ascoltato questa storia, mi ha detto: “Gesù ha parlato a Sant’Antonio con la Parola che dice nella Messa della Domenica, allora è strano festeggiare questa festa senza partecipare alla Messa!”. “Certo che è strano – gli ho risposto –, specialmente quando, da settembre al 17 gennaio, si punta soltanto sulla “battuglia di pastellessa”, contentandosi di essere chiamati “bottari” o di ingrossare il Carro. E poi? Si è del tutto assenti, non solo la Domenica, ma anche nelle Solennità come l’Immacolata Concezione, la Solennità del Natale, di Maria Madre di Dio – primo dell’anno – e la Solennità della Epifania del Signore. Ma, per grazia di Dio, i nostri giovani sono intelligenti e sanno come ricominciare per riprendersi in mano lo spirito di Sant’Antonio, che dà un significato straordinario alla nostra festa”. Quel bambino, ha capito!
Antonio sente che quelle parole dette da Gesù nella Messa sono proprio per lui. Vende tutto quello che ha, lo dà ai poveri, affida la sorella che sarebbe rimasta sola a delle donne cristiane, e si dona completamente a Dio secondo il comandamento: “Ama Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze”.
Ma, non è stato facile!
“Il diavolo, odiatore del bene e invidioso, non sopportò di vedere in un giovane un tale proposito, e tutte le mali azioni che gli erano abituali si ingegnava ad applicarle anche contro di lui” (Atanasio di Alessandria, “Sant’Antonio Abate…”, 165).
Cosi, il diavolo fece di tutto per convincerlo a tornare indietro“insinuandogli il ricordo dei beni posseduti, la cura che doveva alla sorella, i legami familiari, l’amore del denaro, della gloria, il successo, la lussuria” (Atanasio di Alessandria, “Sant’Antonio Abate…”, 165), cioè l’uso del proprio corpo o quello degli altri come un bene di consumo: usa e getta come un barattolo di pomodori.
Una notte “il Nemico, il diavolo, lo coprì di percosse al punto che per i tormenti giaceva a terra senza voce” (Atanasio di Alessandria, “Sant’Antonio Abate…”, 179).
Certo, Antonio insegna che non bisogna temere i demoni, ma è necessario non farsi imbrogliare: “I demoni non sono nulla, e per di più svaniscono velocemente, soprattutto se ci si protegge con la fede e con il segno della croce” (Atanasio di Alessandria, “Sant’Antonio Abate…”, 227). “Tutte le loro pratiche, infatti, per la grazia del Signore, non portano a nulla” (Atanasio di Alessandria, “Sant’Antonio Abate…”, 233).
Antonio, dunque, ha lottato con i demoni e ha vinto con una fede fortissima nell’Amore di Dio.
Ecco il primo significato del suono dei carri: è il segno della lotta contro il Nemico, il diavolo, che va in giro, come un leone ruggente, cercando chi divorare. Il suono prodotto dagli attrezzi agricoli acquista, così, un senso spirituale, come la rinnovazione delle promesse battesimali: “Rinunciate al peccato, per vivere nella libertà dei figli di Dio?, Rinunciate alle seduzioni del male, per non lasciarvi dominare dal peccato?, Rinunciate a satana, origine e causa di ogni peccato? Rinuncio! Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra?… Credo!” (Rito del Battesimo dei Bambini, “Rinnovazione delle promesse battesimali”, pp. 101-102).
Questa scelta di Dio Padre che ci fa tutti figli suoi e fratelli, dà forza anche alla promessa che facciamo ogni volta che ci confessiamo: “Propongo col tuo santo aiuto, di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato” (Rito della Penitenza, “Atto dì dolore”, p. 48).
Da qui, il suono esprime anche l’impegno di essere cittadini degni del Vangelo, lottando contro ogni forma di male, spingendolo via dalle nostre famiglie, dalla nostra parrocchia, dalla nostra comunità cittadina, con le idee di Gesù, con lo spirito di amicizia e di fraternità: non possiamo vergognarci di essere fratelli di tutti, come Gesù che non si è vergognato di farsi nostro Fratello nel mistero del Natale.
Il diavolo cerca di ingannare Antonio con tutti i mezzi possibili per terrorizzarlo, presentandosi sotto forma di animali del luogo dove egli si trovava: “fiere, serpenti, iene…”. “Antonio, compreso l’inganno del Nemico, disse a tutti loro: ‘Se avete ricevuto facoltà contro di me, sono pronto ad essere divorato da voi, ma, se mi siete stati lanciati dai demoni, ritiratevi senza indugio, poiché sono un servitore di Cristo’. Mentre Antonio diceva questo, fuggirono, inseguiti dalla sferza della sua parola”(Atanasio di Alessandria, “Sant’Antonio Abate…”, 313).
La parola di Antonio, nella nostra tradizione, passa dalla sferza contro il diavolo alla forza della benedizione degli animali domestici, per liberarli da ognimale, come le malattie: la benedizione degli animali è un dono molto prezioso per i contadini, essendo gli animali un bene necessario di sostentamento.
Amare il male, non è luce ma buio abissale! È il “preludio e l’immagine del fuoco preparato per chi sceglie un’esistenza nel male”, per chi non si è lasciato Amare da Dio e perdonare, per chi non si è fatto prendere da Gesù neppure all’Inferno. Benedire il fuoco, con l’intercessione di Antonio, significa renderlo buono, come San Francesco rese buono il lupo di Gubbio. Anzi, il Fuoco acquista il significato della presenza dell’Amore dei Tre: Padre, Figlio e Spirito Santo. Perciò, il fuoco non è più il nemico dei contadini, ma esprime presenza, compagnia, calore, spirito di famiglia. La Benedizione del fuoco è un altro bellissimo dono di Dio per i contadini.
Ma il dono che Antonio vuole mettere a nostra disposizione, anche se fossimo peccatori incalliti, è il Fuoco dell’Amore misericordioso di Dio che ci perdona tutto, ci perdona sempre. Così scrive al suo amico Teodoro: “Antonio saluta nel Signore il diletto figlio Teodoro! Sapevo che Dio non avrebbe fatto alcuna cosa se non per rivelare ai profeti suoi servi la sua salvifica dottrina. Credevo perciò di non doverti manifestare quanto il Signore da tempo mi aveva rivelato. Ma, dopo che ho visto i tuoi confratelli che erano con Teofilo e con Copre, ho ritenuto di comunicarti la rivelazione: molti di coloro che adorano il Cristo secondo verità peccano anche dopo essere stati battezzati, e questo accade un po’ dappertutto, il Signore cancella tutti i loro peccati. Nel giorno in cui questa mia lettera ti sarà consegnata, leggila dunque ai tuoi fratelli perché essi ne possano trarre giovamento. Salutali da parte mia, così come i miei salutano te. Ti auguro ogni bene nel Signore” (Sant’Antonio Abate, Ottava lettera, A Teodoro).
Buona festa!
Con amicizia e affetto fraterno
don Rosario Ventriglia, parroco