Nasce dalla penna dell’attore e commediografo Alessandro Casola l’opera teatrale dedicata alla beneamata Festa maceratese. Presentata ufficialmente a Macerata Campania il 16 gennaio 2013, nel corso della Festa di Sant’Antuono 2013, l’opera si presenta come un ottimo biglietto da visita per l’evento maceratese.
Prefazione
La festa in onore di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, è senz’altro la festività più importante e sicuramente più sentita dal popolo di Macerata Campania. Essa rientra tra le feste popolari/religiose più importanti della Regione Campania.
A rendere unica questa manifestazione è la caratteristica sfilata delle “Battuglie di Pastellessa”, ovvero dei “Carri di Sant’Antuono”, carri allegorici a forma di barche su cui trovano posto dei particolari percussionisti di botti, tini e falci che danno vita a musiche piene di storia. L’antico rituale pagano della “Battuglia di Pastellessa”, nato a Macerata Campania nel XIII secolo, rappresenta oggi giorno a livello internazionale una delle forme più incantevoli della poliritmia, dove la ricchezza e la sovrapposizione dei ritmi è un fattore fondamentale dell’espressione culturale e musicale.
L’autore con estrema ironia presenta la commedia “’A festa ’e Sant’Antuono”, partendo dalle sue origini, fino ad arrivare all’epoca attuale, compiendo un salto nella storia fra tre diverse generazioni: quella primordiale del XIII secolo, quella tradizionale del capobattuglia “Zì Antonio ’e Pastellessa” e quella moderna del giorno d’oggi.
Nella commedia vengono presentati svariati personaggi, che sono la vera espressione di Macerata Campania. Infatti leggendo l’opera si ha la sensazione di vivere istantaneamente la festa, con i suoi usi e costumi che la caratterizzano da sempre.
L’opera non vuole essere un testo di storia, ma solo una simpatica cartolina della cultura maceratese e un dovuto omaggio dell’autore al suo paese natio.
ing. Vincenzo Capuano
Segretario dell’Associazione Sant’Antuono
& le Battuglie di Pastellessa
Trama
La commedia fa un excursus storico della festa omonima, che parte dal XIII secolo fino ad arrivare ai giorni nostri. Sono tre atti distinti, indipendenti l’uno dall’altro, che trattano l’argomento in aspetti diversi. Il primo atto è ambientato nel XIII secolo quando il suono artigianale riprodotto dalle percussioni di botti, tini e falci non era altro che una sorta di rito propiziatorio per augurare buoni raccolti, oppure una sorta di promozione commerciale degli strumenti agricoli per sottolineare la loro robustezza. Nel secondo atto, ambientato ai primi del novecento, ci troviamo all’interno della trattoria di Zì Ntonio ’e Pastellessa, personaggio esistito realmente, che aveva appunto una cantina dove cucinava la Past’e’llessa, (Pasta con le castagne lesse). Questo piatto, oltre ad essere diventato il piatto tipico locale che ricorda la tradizione, ha dato anche il nome al suono riprodotto dalle percussioni di botti, tini e falci che a tutt’oggi viene chiamato “Pastellessa”. Nell’opera teatrale si è cercato di dare una precisa dicitura scritta a questi due significati, che nella fonologia sono identici, in una sorta di coniazione delle due terminologie, differenziandole. “Past’e’llessa”, scritto con due apostrofi, intende il piatto tipico, scritto invece in una parola unica “Pastellessa” ricorda il soprannome di Zì Ntonio appunto e s’intende il suono della Battuglia di Pastellessa. Il terzo atto è ambientato in epoca contemporanea ove la festa si è divulgata ed il frastuono iniziale è stato trasformato in un suono armonico, a cui si ispirano anche tanti gruppi musicali. Da notare il rapporto della tradizione con la chiesa cattolica, che in un primo momento riteneva pagani codesti riti e suoni, condannandoli, e dopo anni invece li ha istituzionalizzati fino a benedire il suono e la festa. Non mancano beghe locali e conflitti che tendono a rimanere viva la commedia e a conservare il suo sfondo comico. I fatti raccontati nella pièce, se pur ispirati alla realtà, sono di pura invenzione. L’opera contiene il canto storico della festa di natura popolare, ’A Festa ’e Sant’Antuono di dominio pubblico, ma si arricchisce anche di opere contemporanee come la canzone ’O Vuttaro scritta dal capobattuglia e cantautore Stanislao Roggiero, che dedica uno spaccato di emozioni ai percussionisti che compongono la Battuglia di Pastellessa, sottolineando emozioni, lavoro fisico e la speranza che l’indomani esca il sole per potersi esibire, ed infine la poesia di Vincenzo Polcari 17, a Macerata, che sottolinea le emozioni del giorno precedente di chi sente questa festa e sa benissimo che il suo giorno, il 17 gennaio, emana una sensazione incantata che addirittura anticipa il calendario. Molto importanti sono state le ricerche storiche realizzate dallo storico locale il prof. Pasquale Capuano, dallo storico Andrea Massaro e le consulenze dell’erede di Zì Ntonio ’e Pastellessa Pietro Di Matteo e la collaborazione del segretario dell’Associazione Sant’Antuono & le Battuglie di Pastellessa Vincenzo Capuano.
Alessandro Casola
www.alessandrocasola.it